Cinque anni di “Giovani, Pace e Sicurezza”

Fonte www.youth4peace.info
Fonte www.youth4peace.info

Contributo di Renato Cursi

Nel 2020 la Risoluzione n. 2250 “Giovani, Pace e Sicurezza”, adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 9 dicembre 2015 compirà cinque anni.

In questo lasso di tempo il Centro Studi Difesa Civile ha monitorato l’implementazione di questa Risoluzione in Italia e nel mondo.

Un anno fa, tra le altre notizie inerenti a questo processo, riportavamo la pubblicazione di un Rapporto del Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari Economici e Sociali dedicato al ruolo dei Giovani nello sviluppo dell’Agenda 2030 (Youth and the 2013 Agenda for Sustainable Development) che citava esplicitamente la Risoluzione 2250 e il contributo dei Giovani nei processi di Pace. In questi primi mesi del 2020, la notizia più rilevante in questo campo è certamente la pubblicazione del primo Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite su “Giovani, Pace e Sicurezza”, avvenuta il 2 marzo scorso.

Nel giugno del 2018, con la penultima disposizione della Risoluzione n. 2419, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite richiese al Segretario Generale di preparare entro il mese di maggio 2020 un rapporto sull’implementazione di quest’ultima Risoluzione e della Risoluzione n. 2250/2015. Meno di due anni più tardi, e a poche settimane da una dichiarazione ufficiale del Presidente del Consiglio di Sicurezza dedicata in modo particolare al ruolo dei Giovani per la Pace in Africa, il Rapporto è stato quindi pubblicato.

Il Rapporto si compone di tre sezioni. La prima è un’introduzione che ripercorre i passi compiuti dalle Nazioni Unite in questo campo nel corso degli ultimi cinque anni. La seconda sezione descrive l’avanzamento dell’implementazione dei cinque pilastri della Risoluzione 2250/2015: partecipazione, protezione, prevenzione, partenariati, smobilitazione e reintegrazione. Un’ultima parte della seconda sezione del Rapporto è dedicata al progresso dell’istituzionalizzazione dell’agenda “Giovani, Pace e Sicurezza”. La terza sezione chiude il Rapporto con un appello ad investire in Giovani, Pace e Sicurezza.

I giovani, che per le Nazioni Unite sono ragazze e ragazzi di età compresa tra i 15 e i 24 anni, nel 2020 sono oltre 1.2 miliardi. La gran parte di loro vive in Paesi in via di sviluppo, e un giovane su quattro oggi fa esperienza di violenze o conflitti armati. Il Rapporto del Segretario dell’ONU sintetizza le due principali sfide vissute dai giovani nel contesto globalizzato attuale, su un piano generale: un deficit di partecipazione e un deficit di opportunità. L’introduzione del Rapporto si conclude con la presentazione di due elementi essenziali: il primo elemento consiste nel crescente riconoscimento del ruolo essenziale dei giovani nei processi di pace e nella sicurezza; il secondo elemento consiste invece nella denuncia delle tre sfide principali in questo campo, vale a dire l’esistenza di barriere strutturali alla partecipazione dei giovani nei processi decisionali, la violazione dei loro diritti e un investimento insufficiente nella promozione della loro inclusione, in particolare attraverso l’educazione.

Il pilastro della Partecipazione è quello più approfondito dal Rapporto, articolandosi in quattro sotto-sezioni: partecipazione dei giovani nei processi di pace, nei contesti umanitari, nei processi decisionali e di governance, ed infine partecipazione informale. Le esperienze del Sud Sudan, della Colombia, delle Filippine e della Somalia sono citate come esempi di coinvolgimento dei giovani nei processi di pace. Per quanto riguarda la partecipazione dei giovani nei processi umanitari e politici, invece, viene evidenziato soprattutto il lavoro delle Nazioni Unite in loro favore. Nel campo della partecipazione informale si sottolinea il ruolo dei giovani nei movimenti spontanei di protesta e in particolare la correlazione tra la partecipazione delle ragazze ai movimenti di protesta e l’utilizzo di tecniche nonviolente.

Per quanto riguarda il pilastro della Protezione, il Rapporto dedica un’attenzione specifica al ruolo dei Giovani attivisti e difensori dei Diritti Umani. Riferendosi al pilastro della Prevenzione, poi, il Rapporto cita l’Agenda 2030 evidenziando in particolare il tema delle disuguaglianze generazionali, sottolineando l’importanza dell’educazione e dell’inclusione sociale dei giovani come rimedio a questa sfida. Il Rapporto descrive anche lo sviluppo di partenariati internazionali a livello globale, come lo United Network of Young Peacebuilders, e a livello regionale, con riferimenti specifici ad iniziative intraprese in Africa (promosse dall’Unione Africana e dalle Nazioni Unite) ed Europa (promosse da Unione Europea e OSCE). Le buone pratiche raccolte dal Rapporto nel campo della Smobilitazione e della Reintegrazione si concentrano sull’Africa, ma vengono menzionati anche l’Afghanistan e Haiti. In questa sotto-sezione è evidenziato anche il ruolo dei giovani nella prevenzione dei discorsi di odio e dell’estremismo violento tramite strumenti digitali.

L’ultima voce di questa seconda sezione del Rapporto, dedicata all’istituzionalizzazione dell’agenda “Giovani, Pace e Sicurezza”, si compone di quattro parti: la prima è dedicata al lavoro svolto dal Consiglio di Sicurezza e da altri fora intergovernativi, la seconda alle iniziative intraprese dagli Stati, la terza al ruolo del sistema ONU in senso più ampio e la quarta al finanziamento di questi processi. Tra le altre iniziative, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha accompagnato da vicino il processo africano intitolato “Mobilizing the Youth towards Silencing the Guns by 2020”, mentre l’Assemblea Generale ha adottato nel dicembre 2019 la Risoluzione 74/64, incoraggiando gli Stati Membri a coinvolgere maggiormente i giovani nelle discussioni su disarmo e non-proliferazione. Il Rapporto elenca inoltre una serie di Stati che hanno intrapreso un processo verso l’adozione di “road map” nazionali su “Giovani, Pace e Sicurezza” (Colombia, Finlandia, Gambia, Nigeria e Filippine) e un’altra serie di Stati in cui sono già attive coalizioni nazionali in questo campo (Camerun, Finlandia, Giordania, Nigeria, Sri Lanka) o che si stanno muovendo in questa direzione (Afghanistan, Burundi, Repubblica Centro Africana, Repubblica Democratica del Congo, India, Iraq, Libano, Myanmar, Niger, Tunisia e Yemen). Il Rapporto evidenzia poi l’aumento di Youth focal points nelle missioni dell’ONU e la creazione di un Segretariato Congiunto su “Giovani, Pace e Sicurezza”, promosso dal Peacebuilding Support Office e da UNFPA.

L’ultimo paragrafo sull’istituzionalizzazione dell’agenda “Giovani, Pace e Sicurezza” è dedicato alle risorse stanziate dalle organizzazioni internazionali, dagli Stati e dalle organizzazioni della società civile. Nonostante l’esistenza di programmi come il Peacebuilding Fund e la Youth Promotion Initiative dell’ONU, dal Rapporto emerge la sfida del finanziamento delle organizzazioni giovanili attive in questo campo, per rendere la loro azione sostenibile nel tempo. Per questo l’intera ultima sezione del Rapporto è intitolata “Un appello per investire in Giovani, Pace e Sicurezza”, con una lista tripartita di azioni rivolte al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, agli Stati Membri e alle organizzazioni, ed infine al sistema delle Nazioni Unite in senso più ampio.

Share