La resistenza non violenta del gruppo di giovani palestinesi Youth of Sumud (YOS)

Il Rapporto di attuazione delle Risoluzioni n.2419/2018 e n.2250/2015 su “Giovani, Pace e Sicurezza”, pubblicato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite nel marzo 2020 riconosce il pilastro della partecipazione come fondamentale, affermando che “Garantire che i giovani possano adempiere al loro diritto di partecipare formalmente e informalmente, offline e online, a tutti i livelli, è essenziale per raggiungere la pace”.  Nell’agenda “Giovani Pace e Sicurezza” la partecipazione dei giovani nei processi di pace è prevista in varie forme e contesti: nei contesti umanitari, nei processi decisionali, e come partecipazione informale.

La Palestina rappresenta un esempio significativo proprio di quest’ultima modalità: i giovani palestinesi – ragazzi e ragazze – danno vita a movimenti spontanei, che denunciano violazioni dei diritti umani e sostengono il dialogo e la costruzione della pace con mezzi pacifici.

In Cisgiordania, nelle colline a sud di Hebron, si trova At-Tuwani, un villaggio palestinese abitato prevalentemente da pastori e agricoltori. La zona si trova oggi in “area C”, termine che secondo gli Accordi di Oslo del 1993, designa il controllo sia militare che civile da parte di Israele. Il villaggio, caratterizzato da un paesaggio arido, è soggetto a divieti di costruzione di case e di coltivazione delle terre allo scopo di allontanare gli abitanti locali. A pochi passi, invece, si estende una vegetazione rigogliosa: si tratta dell’insediamento di Ma’on e dell’avamposto di Avat Ma’on, aree abitate dai coloni israeliani. Il primo è considerato illegale dal diritto internazionale delle Nazioni Unite ma legale per il diritto israeliano, il secondo è illegale per entrambi.

Nel 1999, il territorio di Sarura – di cui fa parte At-Tuwani – è stato oggetto di un’evacuazione forzata per dare spazio ad aree adibite all’addestramento militare israeliano. Questo non ha, però, fermato la popolazione locale dal volersi riappropriare delle proprie terre e ha portato uomini, donne e bambini a organizzarsi quotidianamente per far fronte all’occupazione attraverso forme non violente.

Nel 2017, un gruppo di giovani ragazze e ragazzi fonda il Sumud Freedom Camp, un progetto di resistenza non violenta all’occupazione israeliana. Dalla forza d’animo dei padri e delle madri che vivono in questo territorio, da anni parte del Comitato di Resistenza Popolare, nasce il gruppo degli Youth of Sumud (YOS), emblema della resistenza non violenta a Sarura. Il gruppo, assieme agli Youth Against Settlements, organizza manifestazioni e forme non violente di resistenza. Ha base in una delle grotte un tempo abitate dalla popolazione locale e che ora è stata ingrandita per ospitare tutti coloro che vogliono organizzarsi pacificamente per resistere. Infatti, i giovani hanno scavato e ampliato le caverne per evitare che i coloni israeliani si impossessino del loro territorio.

Anche organizzazioni di altri paesi sono presenti sul territorio con attività di protezione nonviolente, tra queste una realtà italiana (Operazione Colomba), che svolge attività quotidiana di accompagnamento civile disarmato dei bambini lungo la strada che porta verso l’unica scuola. Lì i bambini subiscono spesso violenze anche verbali da parte dei coloni – i più radicali tra i sionisti – il cui avamposto si trova non distante. A seguito di alcuni episodi particolarmente violenti, a scortare i bambini ogni mattina ci sono stati inviati gli stessi soldati israeliani, ma anche la loro presenza non è riuscita ad evitare nuovi e continui scontri.

A scortare i pastori, anche loro vittime di attacchi da parte dei coloni, sono gli Youth of Sumud, che portano a pascolare le pecore proprio a fianco all’avamposto per rallentarne l’espansione. Per il gruppo di giovani, e per gli abitanti del villaggio, questa è solo una delle tante pratiche non violente che considerano parte della loro resistenza quotidiana.

Per due anni, la popolazione dei villaggi di Sarura si è raccolta quotidianamente ad At-Tuwani per bloccare l’avanzamento della costruzione di un muro separatorio di 41 km e ogni giorno, guidati dai gruppi di resistenza non violenta, decidono di compiere azioni quotidiane per resistere in modo pacifico ai numerosi divieti e tentativi di evacuazione del villaggio.

Tornare nelle grotte permette loro di rendere nuovamente abitabili gli spazi e riavviare un processo di riappropriazione delle terre. La resistenza non violenta degli YOS non è solo una strategia d’azione ma è, in primis, un atto di r-esistenza sul territorio. Le manifestazioni pacifiche diventano così atti identitari che si concretizzano nella forte volontà di non abbandonare le proprie terre, la propria storia e la propria cultura ma di unirsi per opporsi alle oppressioni e alle violenze quotidiane in modo non violento.

Per seguire i gruppi:

https://www.facebook.com/youthofsumud

https://www.facebook.com/media.yas

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